MAMMA

Sono trascorsi pochi giorni, ma il tempo sembra essersi dilatato, diventando atroce eternità …
La caduta, il femore rotto, poi divenuto anche bacino (informazioni rincorse e sommarie), la polmonite sopraggiunta in ospedale, un quadro clinico da delirio e la FINE!
Al di là del domandarsi, giustamente, se esistano condizioni che potevano essere evitate, se una sanità alla canna del gas, senza mezzi e personale (gli sprechi e la follia sono troniste indiscusse) ha dato la spallata finale, resta il risultato: non ho più mia madre.
Aveva 90 anni, compiuti il 10 marzo, è vero, ma era anche l’incredibile creatura che ha avuto cura di me per 9 mesi, che ha sofferto per farmi conoscere la luce e che mi ha tenuta per mano in un mondo pieno di colori e, nel contempo, di buchi neri.
Ha sofferto la morte, come Nostro Signore in croce, con una sopportazione e un coraggio degni del Regno di Dio, senza passare dal via …
Ha lottato, con tutta l’energia che un corpo minuto e fragile potevano generare, per assecondare la supplica che scivolava dagli occhi di chi non si rassegnava a perderla.
Ha retto, finché ha potuto, per poi, dopo giorni di agonia, addormentarsi in un istante, davanti alle persone che più amava, i suoi figli.
Desideravo che ogni sua sofferenza cessasse, che perdesse lucidità e se ne andasse, che tornasse libera da un corpo che non sopportava più, un involucro crudele che stritolava la sua voglia di fare, di vivere la vita e non di essere sua schiava, lo desideravo, pur sapendo cosa avrei dovuto affrontare.
Sembrava dormire, nel suo letto, dove era tornata da non più di due ore, sorrideva, bellissima, i suoi occhi neri guardavano oltre questo mondo malato, un mondo che le tenevamo nascosto, perché è triste nascere durante la guerra e toccare il tramonto macchiata di pazzia.
Mamma sapeva che ci avrebbe abbandonati ad un dolore più grande di noi, lo confessò a mia sorella, prima che venisse meno anche l’uso della parola, spiegandole che dovevamo continuare a camminare e cercare la nostra fetta di felicità.
Ho fatto in tempo a dirle quanto fosse meraviglioso il dono di averla come madre, di chiederle perdono per averla fatta stare male, anche senza averne coscienza, di baciarla e accarezzarla …
Il tempo porta rassegnazione, sicuramente, ma ora è solo una presenza maligna che stritola l’anima e ti osserva annegare nelle tue stesse lacrime.
Come una bimba in cerca di conforto, mi racconto che è andata via, correndo, lungo un sentiero primaverile e, sul finire del percorso, ha trovato a farle festa tutti i nostri amati che l’hanno preceduta.
Ringrazio Dio per avermi dato una mamma degna della Sua …
Ti abbraccio, Mamma.
– Tua Carla –

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