Whang Od

Amando i tatuaggi, la pelle prestata come una tela che, non di rado, accoglie vere opere d’arte, non potevo non raccontare la storia di Whang Od Oggay, una donna che trasporta la magia di una porzione di “storia”, rendendola palpabile.
La Signora Whang Od, che appartenente alla tribù “Butbut” è nata il 17 febbraio 1917 nel piccolo villaggio di Buscalan, nella regione di Kalinga, nelle Filippine, nota per essere stata patria dei tagliatori di teste, avvezzi a bere, il liquore di riso, dal un contenitore macabro, la scatola cranica dei nemici uccisi durante gli scontri.
La lucidissima e sorridente nonnina di 104 anni è una “mambabatok”, una tatuatrice tradizionale, l’ultima figura di riferimento che il suo popolo, in passato, avvicinava prima di ogni battaglia.
I guerrieri erano soliti farsi tatuare un millepiedi, simbolo benaugurante, prima di affrontare un combattimento e un’aquila al rientro da vincitori.
Nel 1972 il suo ultimo tatuaggio sul corpo di un guerriero.
La tecnica che lei ancora ultizza è chiamata “batok” e consta di sostanze reperibili in natura e di strumenti rudimentali, quali fuliggine di pino e acqua e una porzione di bambù, sulla quale è ancorata una spina di pomelo  che funge da ago.
L’immagine, sulla quale picchiettare, per renderla permanente, è disegnata, abilmente e con un filo d’erba intinto nel composto, dalla mano ferma della regina indiscussa del tatuaggio.
L’antica arte, che si tramanda da genitori a figli, è entrata a far parte della sua vita quando aveva 15 anni ed oggi, per non scomparire, giacché è rimasta vedova in giovane età e non si è mai più risposata e non ha avuto modo di diventare madre, viene trasmessa ai suoi giovani nipoti, Grace e Ilyang.
Serena notte …
– Carla –

Immagine presa da pinterest.it

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Scardovelli

Non so quanti di voi lo conoscono, quanti hanno mai avuto modo di guardare i suoi video su YouTube.
Le sue riflessioni affascinano, il suo modo di comunicare abbatte ogni muro, suggerendo percorsi emotivi e mentali che migliorano, seriamente, la vita di chi ne assorbe il senso.
Uno dei temi a me maggiormente cari è la sofferenza, il modo di affrontarla, il saperla tramutare in un vantaggio, in una crescita, piuttosto che restarne vittime impotenti.
Il non accettarla, ed io l’ho sperimentato sulla mia pelle, ripetendosi quanto sia immeritata (anche quando è la verità), non la neutralizza ma, nel risentimento, l’alimenta e la moltiplica senza battute d’arresto, danneggiando chi ha ricevuto la mazzata e non, certamente, chi l’ha inferta.
Il sostegno che potrà arrivare dall’esterno, che rappresenta l’acqua fresca nell’arsura del deserto, servirà a ben poco se non saremo pronti ad essere bicchiere che accoglie, un solido contenitore di energia e determinazione, materiali che esistono solamente in “noi”.
Il lagnarsi, l’incolpare e il reclamare una giustizia che, probabilmente, non giungerà mai, i nemici più grandi, gli alleati di chi non ha agito in nome del bene.
Che ci sia di mezzo un volatile o un tubero, o si tratti di rapporti di altro genere, che investono amicizia, famiglia o sfere economiche, al bivio che impone una scelta, non procrastinabile, quel maledetto stato d’afflizione indicherà due sole direzioni, il rifiuto e lo stallo o la presa di coscienza e l’azione.
Nel primo caso la diffidenza porterà a saturazione, snaturando la vittima, clonando il suo carnefice, offrendo una creatura rabbiosa e capace di gesti discutibili.
Nel secondo si riconoscerà che dove ci sono amore, affetto, interessi, convive anche l’inganno e l’egoismo.
Un animo “spazioso”, nutrito e reso capace di accogliere solo il buono, sarà giardino in fiore, “riparo” da ogni male, quello “angusto” un luogo che accoglie solo erbaccia.
Buona serata …
– Carla –

Giuseppe

Alla figura di Giuseppe mi sono sempre sentita particolarmente legata, perché capace di scelte d’amore autentiche e mai venute meno.
Originario di Betlemme e di discendenze nobili, la stirpe reale della casa di Davide, in Galilea, svolge un’attività manuale, umile, che viene identificata come quella del falegname.
Ha 49 anni quando, insieme a celibi della Palestina, al richiamo di banditori che arrivano da Gerusalemme, si ritrova a far parte di un gruppo di uomini tra i quali il Sacerdote Zaccaria identificherà il futuro sposo di una giovanissima fanciulla, Maria.
Lei è davvero molto giovane, forse, solo dodicenne.
Gli aspiranti sposi si presentano, tutti, reggendo un bastone di legno secco, il mezzo attraverso il quale Dio esprimerà la sua insindacabile volontà.
È su quello del falegname che fiorisce un giglio bianco e si leva in volo una colomba, che si poserà sul suo capo.
Il Signore ha indicato lui quale marito di Maria, il futuro padre adottivo di suo Figlio Gesù.
L’uomo è maturo, rispetto alla sua futura compagna di vita, ha vissuto la perdita della prima moglie Meleha (o Escha) ed è padre di 6 figli, Giuda, Giusto (o Giuseppe), Giacomo, Simone (o Simeone), Assia (o Lisia) e Lidia.
Non sembra essere il candidato migliore, eppure, amerà il piccolo Gesù con il cuore di un padre naturale, lo proteggerà durante la fuga in Egitto, farà in modo che abbia sempre un tetto sulla testa e di che nutrirsi, crescendolo nell’educazione e nel rispetto del suo vero Padre.
Giuseppe morirà felice, appagato, scortato dai sentimenti purissimi della sua amata e dell’uomo che cambierà la storia dell’umanità, diventando emblema della Famiglia.
Auguri a tutti i Giuseppe e ad ogni uomo che ha ricevuto il dono della paternità.
Serena notte …
– Carla –

La Sfida di “Luca” si ripete …

https://langolinodellacultura.wordpress.com/2021/03/04/la-seconda-sfida/comment-page-1/#comment-6214
Mi chiedo se anche Lucinda non sia desiderosa di sbottonarsi con qualcuno…
Chi è Lucinda? E chi è la persona che sta pensando a lei? Esiste una relazione tra le due persone? Divertitevi a scrivere quello che vi passa per la mente! La sfida terminerà domenica 21 marzo.Forza gente, sbizzarritevi!

L’aveva chiamata sei volte, per due giorni consecutivi, sentendo il telefono squillare a vuoto e attivarsi la segreteria.
L’impressione era che volesse far arrivare un messaggio, chiaro ed univoco – Non rompetemi le scatole! –
Visualizzava i messaggi WhatsApp e, come per le chiamate, restituiva il silenzio.
Tra i pensieri di Ludovico girava, senza sosta, un solo interrogativo … – Mi chiedo se anche Lucinda non sia desiderosa di sbottonarsi con qualcuno, come fanno tutti i comuni mortali, invece di isolarsi! –
Gli ostacoli, anche quelli ridicoli, per lei, negli ultimi tempi, avevano una sola reazione, la fuga!
Aver trascorso otto anni insieme ad un uomo che l’amava ancora, che le aveva giurato, nonostante tutto, di esserci sempre, evidentemente, non le bastava.
Ludovico c’era e ci sarebbe sempre stato, sicuramente pensava questo, con quella dose di egoismo che si faceva ancor più presente e pesante.
Sarebbe ricomparsa allo stremo delle forze?
Quando l’acqua sfiora il mento e ti senti in balia della più aggressiva delle tempeste?
Probabile, giacché le andava sempre di lusso e con lui ritrovava, senza eccezione, un sorriso pronto ad accoglierla.
Stavolta, però, la situazione aveva preso un’altra direzione, meno morbida, data da una madre stanca di coprire i segreti di sua figlia che, aggrappata al suo orsetto, si rifiutava di crescere.
Anna, decisa a togliersi ogni dubbio, a capire cosa e quanto Ludovico sapesse, lo invitò a cena.
– Da quanto non la senti? – gli domandò la donna.
– Da quattro giorni. Fino a ieri ho cercato di contattarla, ora basta! Se vorrà mi cercherà lei, tu invece? –
– Da più di una settimana, ma con me si fa viva meno che con te, è sempre stato cosi. Hai un’idea di dove sia andata? –
– Può lavorare in remoto, quindi può essersi recata ovunque, non ha problemi a spostarsi! –
– Ludo, c’è qualcosa che non mi avete mai detto? –
Il ragazzo la guardò, sorpreso, non capendo a cosa potesse mai riferirsi.
– Non abbiamo segreti, almeno io non li ho e se lei ne avesse qualcuno, in dieci anni che la frequento, non pensi che me ne sarei accorto? –
Anna s’alzò dalla sedia, si avvicinò al mobilino d’ingresso e da una scatolina di coccio, posata su una mensolina, tirò fuori un bigliettino accartocciato.
– L’ho trovato nel cestino che tengo in bagno, quello dove getto i dischetti usati, quando mi strucco.
– Di cosa si tratta? –
– Non lo so, dimmelo tu, se n’è liberata lei e, dal momento che non mi risponde, non ho potuto chiederle spiegazioni –

Caro Luca, il gioco passa nelle tue mani e in quelle di chiunque abbia voglia di passare da una sfida all’altra …
Cosa c’è scritto nel pezzettino di carta?
Quale segreto, Ludovico e Anna, pensano possa nascondersi dietro il silenzio e l’allontanamento volontario di Lucinda?
Buona serata …
– Carla –

Ho bisogno di tutti VOI

Amici,
ho bisogno del vostro aiuto …
Camilla, la ragazza di cui scrissi tempo fa, è in serie difficoltà economiche, la raccolta fondi, nonostante la generosità di tantissime persone, non sta dando i frutti sperati, per questa ragione, a breve, non sarà più in grado di continuare le terapie, rischiando di mettere a repentaglio la propria vita.
Sarebbe un gesto piccolo, ma “grandissimo”, tentare di offrirle una vetrina importante.
In che modo?
In un intervallo di tempo, che va dal 15 al 20 marzo 2021, chiedo a ciascuno di voi di inviare una mail alla Redazione di Pomeriggio 5, di modo da attirare l’attenzione degli autori del programma (una sola rischia di passare inosservata).
Di seguito il testo da inviare, indicando come “Oggetto”: SALVIAMO LA VITA A CAMILLA SERAFINI.

carabarbara@mediaset.it

Ringrazio chiunque aderirà e chiederà ad altri di fare lo stesso …
– Carla

Sono sempre stata convinta che nell’amare gli altri ami te stesso, che la mano che tendi, stringendo in pugno un dono, non la rimetti, vuota, nelle tasche dell’animo, che sporca di gessetti colorati, quelli a marchio “generosità”, riesca a disegnare, sulle sue pareti, paesaggi senza pari.
Camilla, nell’aprire la pagina Facebook “Vola solo chi osa farlo”, a 24 anni, gettava, sul selciato della vita di chi soffre, quei gessetti, cercando di insegnare a tratteggiare la speranza, il coraggio e il sorriso di chi cade, si rialza e vince!
Ha 9 anni quando la vita le lancia il primo guanto di sfida, recapitandole una patologia che le comprometterà il regolare funzionamento del fegato.
È solo una bambina, ma mostra la tempra di una piccola donna, decisa a non rinunciare a sogni e normalità.
A 15 anni l’organo smette di collaborare, indicando un solo sentiero percorribile, il trapianto.
Camilla gioisce per la chance di riappropriarsi di una serenità vera e inizia a nutrire un senso di gratitudine, che non l’abbandonerà mai, nei confronti di chi non è morto invano, il suo donatore.
Il peggio è passato, i progetti iniziano a prendere forma, a quei sogni spuntano le prime tenere piume che, nel tempo, le promettono di realizzare grandi voli.
I 24 anni scandiscono la condivisione di momenti difficili, che non l’hanno mai spezzata, e una progettualità che incoraggia chi sta iniziando a percorrere le strade che lei ben conosce.
È pace, quando la seconda sfida le bussa alla porta, minacciosa, presentandosi con un nome che spezza le gambe, “Cancro”, e la prospettiva di farcela ridotta all’osso.
Camilla, aggrappata a desideri che non devono rimanere tali, non abituata alla resa, caccia fuori gli artigli, affronta diversi cicli di chemioterapia e, battaglia dopo battaglia, vince la guerra.
È diventata un’eroina della Marvel, è lei a dettare le regole del gioco e quando il “Cancro” si ripresenta, nel 2019, lo mette al tappeto in soli 6 mesi, ricacciandolo nell’inferno da cui arriva.
Camilla, oggi, ha 29 anni e il “Mostro” le chiede, ancora una volta, uno scontro corpo a corpo.
Si è fatto furbo, ora, le chiede di lottare armata di terapie avanzate, costose e non alla sua portata, quelle disponibili c/o il Centro Oncologico, privato, Villa Margherita a Roma.
Camilla non è più un gattino, non miagola, ruggisce, sa che è possibile distruggerlo, ma le serve un’arma affilata che tutti noi, il suo “Esercito d’Amore”, vogliamo consegnarle.
Cara Barbara, col cuore, ti affido un “AIUTAMI ad AIUTARLA”, per darle una voce che tramuti la speranza in vittoria.

– Gli “Amici” di Camy –

Camilla Serafini
Facebook  “Vola solo chi osa farlo”
Instagram “camille_la_mure”,
dove è possibile vedere un video, su IGV TV intitolato “Un po’ della mia storia”.

Il Labirinto

Da bambina ero affascinata dal labirinto di Cnosso, voluto dal Re Minosse e, secondo la mitologia greca, realizzato sull’isola di Creta per imprigionarvi il frutto di un adulterio.
La Regina Pasifae, sua moglie, nel tradirlo con un toro bianco, dono di Poseidone, Re del Mare, che voleva vendicarsi di lui, diede alla luce il Minotauro, un essere spietato e dall’aspetto orrido, con il corpo umano e la testa animale.
Il mio sogno, l’ho scoperto oggi, potrebbe diventare realtà perché nel nostro Paese esiste il labirinto più grande del mondo.
Nel 2015 a Fontanellato, Parma, è stato inaugurato il “Labirinto di Masone”, desiderato dall’Editore Franco Maria Ricci, appassionato di labirinti, e progettato in collaborazione con l’Architetto Pier Carlo Bontempi.
Su un appezzamento di campagna, che si estende per 7 ettari, è stato possibile realizzare non sono un dedalo ma anche un salone museale.
La pianta a forma di stella, con al centro una piazza di 2000 mq, interamente porticata ai 4 lati, visibile in prossimità del suo ingresso, per una struttura piramidale che ne fa parte, lo rende unico nel suo genere.
Percorsi e vicoli ciechi si sviluppano per 3 km, bordati ai lati con altissime piante di bambù, 200 mila unità di 20 specie differenti, mettendo alla prova le capacità di orientamento degli ospiti.
Qualcuno di voi ci è stato?
Buona serata …
– Carla –

Liliana Segre

La “Festa della Donna” non mi è mai piaciuta, l’ho sempre trovata assurda per il termine “festa”, date le origini, legate ad un incendio all’interno dell’industria tessile Cotton, a New York nel 1908, dove persero la vita 129 operaie.
“Commemorazione” è la parola che più gradirei, ma questa è un’altra storia!
Una giornata, tutta al femminile, che mi sento di dedicare ad una Donna che ha aperto gli occhi al mondo, che con la dolcezza del suo essere è riuscita a raccontare il male che può sgorgare dall’animo umano, il dolore inflitto che non bisogna dimenticare, per diventare persone migliori e scrivere un futuro che non lo cloni.
Ho scelto lei, Liliana Segre, perché sono rimasta profondamente colpita dall’odio (e dall’ignoranza, diciamocela tutta) riversatale sui social, dopo la vaccinazione contro in Covid 19, presso l’ospedale Fatebenefratelli a Milano.
Augurare la morte fa schifo a prescindere, ancor di più ad una Signora nata nel 1930, che ha attraversato l’Inferno e che ripercorre l’orrore, ogni volta che si concede a chi la ascolta, per insegnare l’Amore.
Uno degli imbecilli senz’anima è addirittura un uomo, non molto più giovane di lei, del sud della mia isola che, sicuramente, non ha mai visto un libro di storia!
La Signora Liliana è testimone della Shoah, lo sterminio nazista degli Ebrei, sostenuto da Mussolini nel 1938, sopravvissuta alla deportazione nei campi di concentramento.
Il suo calvario, condiviso per un breve periodo col padre e alcuni parenti, inizia proprio nel 1938 con l’espulsione dalla scuola e la successiva persecuzione che, nel 1943, porta tutti loro a tentare la fuga verso Lugano.
Catturata dai gendarmi svizzeri, separata dalla famiglia, trascorre un mese e mezzo in 3 carceri differenti, a Varese, Como e Milano che abbandonerà per la deportazione a Birkenan Auschwitz.
È solo una ragazzina di 13 anni, il numero 75190, che porta tatuato sull’avambraccio, non più una persona, costretta ai lavori forzati in una fabbrica di munizioni, a vedere le persone che le vivono accanto portate a morire, a vivere nel ricordo di suo padre che non vedrà mai più.
La libertà fisica arriva il 1° maggio 1945, quando l’Armata Rossa giunge al campo Malchow, dove è prigioniera.
Dal 2018, per nomina del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è Senatrice a Vita.
Alla Signora Liliana auguro una vita lunga e incontri in cui le siano manifestate, sempre e solo, affetto e stima.
Buona serata …
– Carla –

Ambigui a tavola

Diverso tempo fa mi ero divertita a cercare i nomi dei vini più strani, oggi, è la volta dei cibi.
Poppa di Venere
Mai avrei immaginato che un frutto, una pesca per la precisione, potesse essere accostato alle grazie di una Dea.
Succoso e profumato, dalla buccia che va dal giallastro al rossastro e dalla polpa bianca, striata di rosso in prossimità del nocciolo, è una delizia dell’area vesuviana, in Campania.
I Minni di Virgini
Dolce tradizionale di Sambuca di Sicilia, Agrigento, creato nel 1725 da una suora di clausura, Virginia Casale di Rocca Minna, del collegio di Maria di Sambuca.
Di pasta frolla, ripiena di crema di latte, scaglie di cioccolata e cannella, pare sia stato dedicato a S.Agata martire, alla quale furono strappati i seni per non aver rinnegato la Fede in Cristo.
Le Sise delle Monache
Dessert a strati, di pan di spagna e crema pasticcera, tipico di Guardiagrele, Chieti, riproduce, non 2 ma 3 “montagnole”.
Una leggenda attribuisce la forma ad una imbottitura, tondengiante, che le monache inserivano nello spazio tra i seni, in modo da mimetizzarli sotto l’abito religioso, ma è più plausibile, dal momento che viene chiamato anche dolce dei Tre Monti, che rappresenti il Gran Sasso, la Majella e il Sirente-Velino.
La Zizzona
La mega mozzarellona di Battipaglia, Salerno, parente della Bufalina, il cui peso può raggiungere i 15 kg.
È denominata “tettona” perché sulla sommità ha una protuberanza e, incisa, rilascia latte.
Se il balconcino o l’ampia terrazza femminile sono state motivo di creatività, non sono da meno le “balls” maschili, tant’è che esistono sia nella verione Palle di Nonno che Coglioni di Mulo.
Si tratta, in entrambi i casi, di salumi, nulla a che vedere con un povero signore con nipoti o con il simpatico animale.
Il primo è un prodotto di Norcia, in Umbria, realizzato con del finissimo macinato di suino, trattenuto da un budello naturale e dalla superficie nodosa, inizialmente stagionato con una fonte di calore a legna e poi in cantina.
Il secondo è sempre un insaccato di trito suino che, però, all’interno contiene un cubetto di lardo, prodotto oltre che in Umbria, nel Lazio, nelle Marche e in Abruzzo.
Il mio viaggio culinario termina con un omaggio unisex, i Grattaculi, così denominati per il disagio di doverli cogliere.
Si tratta di foglioline e rametti cavi, detti tanni, che nascono sulla pianta delle zucchine.
Amari e dal gusto forte, vengono cucinati con aglio e olio, in particolare nel Lazio.
Aspettate, non è finita!
Pensavate che in Sardegna fossimo praticanti del bon ton gastronomico?
Sopresa!!!
La mia isola vi offre un brindisi, alla salute, con un freschissimo Pompinello, liquore profumato d’arancio e dolce, ricavato dalla scrorza de Sa Pompia, un agrume di Siniscola, Nuoro, di colore giallo scuro e dalla polpa più aspra di quella del limone.
Buona domenica pomeriggio …
– Carla –

Andrea non delude!

La musica è la sua vita, lo dimostra il fatto che la insegna ai bimbi con una tale gioia da stregarli, il talento la sua pelle, lo testimonia il saper riprodurre un pezzo musicale con oggetti inusuali e bizzarri, le parole, appese alle note, la sua anima che non si nasconde.
Se “Senza Cuore” mi è piaciuta al primo ascolto, oggi, se la gioca con il suo ultimo nato, “Labbra di Miele”.
Il pezzo, da quello che mi ha raccontato, è venuto fuori improvvisando, mentre attendeva di suonare da vivo.
Rincasato, non ha potuto fare a meno di trascinare quel giro di chitarra sulla tastiera di un pianoforte.
Il testo è nato in seguito, lo spaccato di un amore finito e per “Labbra di Miele” mai cominciato!
Buon ascolto …

Serena notte …
– Carla –

Una residenza “eterna” insolita

Nelle Filippine, nella regione di Sagara, per l’esattezza nella Echo Valley, il popolo di etnia Igorot, ha cura delle persone care, che vengono a mancare, in una maniera inusuale.
Per noi, abituati a luoghi di pace e a dimore al chiuso è, comprensibilmente, difficoltoso comprenderli e facile giudicarli, nonostante, approcciarsi alle loro ragioni celi un enorme rispetto e una differente forma di amore.
In principio, la scelta di feretri legati e chiodati alle pareti a strapiombo, era dettata dal preservare i trapassati dalle profanazioni, attuate dai nemici di Kalinga e Bontoc, famigerati tagliatori di teste, successivamente dal non esporli all’attacco di animali predatori e per proteggerli da eventuali alluvioni.
In seguito, all’offrire le spoglie al cielo, luogo di libertà e leggerezza dell’anima immortale.
Disposte in posizione fetale, in “custodie” lunghe un metro, le persone amate, così come hanno abbracciato la vita accolgono la morte.
L’idea di non restare “prigioniera”, lo ammetto, è sempre stata in me, nella poesia del tornare ad essere ciò che siamo stati originariamente, “polvere” nelle mani di Dio.
Con ironia, alla persona che mi è più vicina negli ultimi anni, ho affidato il compito, se dovessi essere chiamata a far ritorno a “casa”, di portarmi, in una giornata di sole e di leggera brezza, sulla “Punta La Marmora” (1834 metri), nel massiccio del Gennargentu e di regalarmi le ali per toccare il cielo.
Buona serata …
– Carla –

Vestiti di “Bianco”

Primo giorno in “Zona Bianca”, il respiro di una leggerezza che, in realtà, non c’è perché Lui è ancora tra noi!
È partito da Wuhan, in Cina, ha attraversato il Brasile, portato l’arsura del Sud Africa, imparato a parlare inglese, è passato per la Scozia e, non contento, si è concesso un nuovissimo abitino scoperto a Napoli.
Sono caduti, o quasi, tutti i divieti e invece di sentirmi pervasa da un senso di liberazione, avverto il peso dell’idiozia di non pochi, quella che demolirà le poche regole da tenere a mente, da non calpestare:
– l’uso corretto della mascherina
– la distanza di sicurezza
– il non creare assembramenti
– la disinfezione delle mani.
Il pensiero, legato al replicarsi del post 1° ondata, quando la Sardegna profumava di “Covid Free”, è presente, ora più che mai, in ragione di varianti più virulente e di un’estate alle porte, di flashback che riportano al boom di contagi, all’aumentare del numero delle vittime e all’affanno degli ospedali, impossibilitati ad accogliere un numero elevato di “disperati”.
Temo che le briglie allentate, in concomitanza ai controlli, in precedenza, gestiti all’acqua di rose, che abbiamo conosciuto e ampiamente criticato, portino ad “ingressi” ed “uscite” rischiose.
Il coprifuoco nazionale, ve lo garantisco, non ha impedito gli assembramenti, difficili da frenare, giacché non è possibile pretendere che le forze dell’ordine abbiano in dotazione il dono dell’onnipresenza, perché qualcuno è ancora convinto che la “corona” cada sempre sulla testa degli altri e non sulla propria!
Giorni fa, davanti alla Posta, un ragazzino, debitamente distanziato, dagli altri, fumava una sigaretta e, a più riprese, sputava sul selciato …
Dovevo essere io ad andarci allo scontro, spiegando, alla sua piccola mente tarlata, che è la saliva il primo veicolo di contagio e che la mascherina non fa figo?
Coprifuoco dalle 23.30 alle 00.05,
bar che abbassano le serrande alle 21.00.
ristoranti alle 23.00,
palestre, piscine e musei ancora chiusi,
saranno sufficienti ad evitarci il peggio?
Nutro, fortissimi, dubbi … ma si vedrà!!!
Serena notte, a domani per leggervi, con calma …
– Carla –