Oggi ho voglia di raccontarvi una storia sulcitana, qualcosa che ha sconvolto i miei 23 anni e, credo, in linea generale, la quotidianità di tutti coloro che vivevano in questo spicchio d’isola, dove la cronaca nera, fino a quel momento, non era mai stata tanto oscura e cruenta.
È l’estate del 1989, in una cittadina del Sulcis, Carbonia, una ragazza di 16 anni vive la spensieratezza dell’inizio delle vacanze scolastiche, concedendosi giornate al mare e serate con le persone che ama.
Gisella Orrù è bellissima e ha un’anima pura, sa divertirsi in maniera genuina, senza mai venir meno alle regole di comportamento dettate da Gina, sua nonna paterna, con cui vive, insieme a sua sorella Tiziana.
28 giugno.
Inizia a calare la sera, la ragazza saluta gli amici e, percorrendo una via poco centrale, s’incammina per raggiungere casa.
La nonna aspetta al balcone, come fa ogni volta che la nipote sta per rincasare, ma in quell’occasione l’attesa diventa angoscia, scandita da una telefonata a suo figlio Gisello, il padre, e da una conversazione con Salvatore Pirosu, suo vicino di casa, al quale domanda se l’ha vista.
Gisella non rientra, quella notte e nemmeno le successive, e di lei resta solo un crudele depistaggio, due telefonate che una voce femminile fa a nonna Gina e a nonna Rosanna che vive ad Iglesias.
– Gisella sta con noi, con degli amici, andiamo in vacanza per un mese! –
Una ragazzina che rispetta gli orari concordati con genitori e nonna, non decide di concedersi una vacanza, senza un soldo in tasca, senza aver fatto una valigia o aver ottenuto, con largo anticipo, il benestare dei suoi cari, il punto fermo attorno al quale ruota la paura che le sia accaduto qualcosa di terribile.
Trascorrono i giorni e l’ansia, confinata tra le pareti domestiche della famiglia Orrù, tracima, investendo l’intera isola, preoccupata per la sorte della giovane Gisella, radicandosi negli animi di che, tra mille domande, continua a circolare in un Sulcis che sembra essersi giocato a dadi la serenità.
Gisella è la sorellina di tutti, la nipote, la figlia e l’amica, un affetto da riportare a casa!
La svolta arriva all’improvviso con le telefonate alla Stazione CC e al Comando della Polizia Municipale di Carbonia.
Una voce femminile, presumibilmente la stessa che hanno sentito le nonne, indica una località del comune di San Giovanni Suergiu, Matzaccara, per l’esattezza Punt’è Trettu, dove andare a cercare la ragazza.
Gisella non tornerà più, il suo corpo, senza vita, viene rinvenuto il 7 luglio all’interno di un pozzo.
Le immagini, parzialmente visibili, scorrono in tutte le tv isolane, mostrando il recupero di una salma dai capelli sciolti, nuda e saponificata.
L’orrore si fa strada nelle abitazioni, nei cuori, spingendo ciascuno di noi a prestare attenzione, a fare le più astruse congetture, a montare un mosaico che possa portare ad una verità, che renda giustizia ad una piccola donna con pochi grilli per la testa e una sana gioia di vivere.
L’autopsia rivela che, prima d’incontrare la mannaia del destino, la ragazzina ha cenato (carne arrosto e patate), e che la morte è avvenuta, la sera stessa, trafiggendo il suo cuore con qualcosa di lungo e acuminato, rendendo impossibile stabilire, data la lunga permanenza in acqua, se ha subito anche l’umiliazione di una violenza sessuale.
Il mistero si alimenta, in un crescendo di coincidenze che, forse, non lo sono, con il ritrovamento, in mare, a poca distanza dal pozzo, del cadavere di un pastore scomparso quella stessa sera, noto per il vizietto di spiare le coppie in cerca di intimità.
Qualche settimana prima, una compagna di scuola di Gisella si toglie la vita, ingerendo un veleno per topi, a base di stricnina e successivamente alla data del 7 luglio, una loro coetanea tenta il suicidio bevendo candeggina.
È Pirosu a parlare, forse in preda ai sensi di colpa, raccontando uno scenario inverosimile, in cui Gisella, consenziente, lo segue, in compagnia di due uomini e di una squillo, nel luogo in cui troverà la morte.
Gli autori del delitto, a suo dire, sono gli altri due, vogliosi di avere rapporti sessuali con la giovane donna, mentre lui consuma il suo insieme alla prostituta.
Viene arrestato e, insieme a lui, Licurgo Floris, un meccanico, Giampaolo Pintus, un tossico dipendente e Gianna Pau, conosciuta come Jeanette, anch’essa tossica, che vende il suo corpo per potersi acquistare le dosi.
Gli ultimi due, muoiono, vittime dei loro stessi vizi, il primo stroncato dall’Aids, Licurgo, che continua a proclamarsi innocente, si impicca in carcere, nel 2007, e Salvatore, condannato a 24 anni, scarcerato per indulto, scompare nel nulla da una casa famiglia di Iglesias.
A distanza di 31 anni, personalmente, credo che nessuno di quei soggetti fosse, realmente, legato alla morte di Gisella, che il vociare collettivo, su festini in ville sontuose, dove sesso con bellissime ragazze e droga non dovevano mancare, che vedeva coinvolti personaggi di spicco da tutelare, nascondesse la verità, una verità scomoda.
Gisella è diventata un’Anima nel pozzo, una vita spezzata per difendere il sogno di amare, per sfuggire alla mercificazione del proprio corpo, per non diventare un oggetto di piacere.
Tanti anni fa, sono passata davanti alla sua tomba e d’istinto le ho lasciato una carezza … per me lei è un Angelo che, ancora adesso, grida GIUSTIZIA!
– Carla –
Una storia da brividi, come lo sono quelle di altre ragazze sparite nel nulla e poi ritrovate morte. Storie che non hanno ancora avuto una vera fine, perché non si è mai arrivati alla verità completa. Tanti angeli che gridano Giustizia.
Sono passati tanti anni, almeno per sua sorella e, forse, i suoi genitori, la verità andrebbe cercata ancora adesso …
Serena notte, un abbraccio.
Mi ha spiazzato il fatto che tu abbia raccontato questo episodio di cronaca nera; ma più che altro mi ha fatto pensare ad una ragazza conosciuta alle medie, il cui cognome è proprio quello della protgonista del tuo racconto… Non so come dirti, ma mi sono impaurito… Grazie, comunque per quello che racconti. Ti voglio bene, amnima meravigliosa! ❤
Luca, faro Cristiano, ti ringrazio per il tuo commento.
Raccontare di quella povera ragazza non è stato facile, ricordo quella estate, la psicosi dei mostri che attraversava cittadine e paesini, la severità dei genitori che cercavamo di creare barriere attorno alla prole.
Morire per voglie da soddisfare, perchè è ciò che abbiamo pensato tutti, fa paura e distrugge la figura di Dio.
Ti abbraccio forte. TVB, serena notte
Mi dispiace, Carla… mentre ti leggevo, in effetti, avvertivo, tra le righe, quella sensazione di “affaticamento” tra le parole… sei stata brava a parlarne; al posto tuo, io non so se ce l’avrei fatta a parlare di un fatto tanto spiacevole… grazie per la tua vicinanza! 🙂
Ti abbraccio forte. TVBanche io, serena notte anche a te ❤
Complimenti per il tuo bellissimo blog♡Ti seguo
dolore su dolore per non sapere e capire, ma perchè l’animo umano sa essere cosi dannatamente spregevole ?
Che tristezza! Povera ragazza…
Non ci si capacita che succedano certe cose così brutte …
Che triste storia!
Anime innocenti portate via da quel male oscuro che ancora impregna la nostra società, anzi…ancor di più ne è presente.
Mi gela il cuore la lettura di questo post, ma è giusto parlarne.
Non ava dimenticato niente.