Pronunciare la parola “Grazie”, per tante persone, è un po’ come farsi uscire di bocca un “mi dispiace”, un chinare la testa e scendere da un piedistallo che, in verità, è reale solo nella loro mente contorta.
Per me, il “Grazie”, è aprire la porta del cuore e ospitare chiunque mi ha aiutata ad affrontare un cammino, a piedi nudi, lastricato di lame.
Non sto bene, la dipartita di Mia, in un modo davvero terribile, è qualcosa che devo metabolizzare e che faccio fatica a realizzare.
Un po’ alla volta sto mettendo via le sue cose e nel maneggiarle non posso non pensare al suo essere un fagotto di amore, ai suoi grandi occhi color miele e a quel musetto, fintamente imbronciato, che non vedrò più.
Le scorte di cibo per diabetici, le siringhe per insulina (ne aveva da parte 10 scatoline da 30) e i farmaci, sono andati, immediatamente, ad una colonia felina che ospita tre gattine con la medesima patologia con cui lei ha convissuto due anni, mentre, una parte dei suoi oggetti ad una cagnetta di piccola taglia che dormirà comoda e viaggerà protetta.
Il resto, sta ancora qui, mi occorre per sentirla vicina, per pensare che dorme, con me, nel suo ovetto, in camera da letto, o che salterà nel cestino qui in cucina … non ho ancora la forza di spodestarla.
L’ultima immagine che ho di lei è dentro la gabbietta della clinica, avvolta nella sua copertina preferita, che dorme dopo essersi calmata con i miei grattini, le carezze e il suono della voce.
Non ricordo quante volte l’ho baciata, prima di lasciarla, sapendo che il miracolo era lontano e che il giorno seguente avrei dovuto concederle una morte dolce, quella che vorresti per chi ami.
Ha deciso di partire da sola, nel primo pomeriggio del giorno seguente, quasi a volermi risparmiare una decisione pesante e impedire che vedessi l’ultimo tratto della sua vita.
Poche ore prima aveva riacquistato l’uso degli arti e voglio credere che sia stata una dolce concessione del Signore, per farle attraversare di corsa il “Ponte Arcobaleno”, con la fierezza che le apparteneva.
Mi restano i ricordi, bellissimi, l’essere stata destinataria di un amore che sapeva raccontare ogni giorno, con i quali trasformare la sofferenza in un sorriso.
Il mio “Grazie” va in primis a lei, per avermi scelta come mamma umana (e credetemi l’ha fatto ogni giorno), per essersi affidata a me con fiducia, vedendo in ogni mio gesto un’autentica adorazione.
Un altro va a chi non ha voluto tenerla nella sua vita e non avendo consapevolezza del suo valore “umano” si è liberamente impoverito, rendendomi ricca.
Un altro ancora ad ogni anima buona che la conosceva ed ha bussato alla mia porta per farle visita o mi ha contattata per domandare dei suoi progressi o sostenermi quando non sembravano esserci e non ci sono stati.
Un “Grazie” di cuore anche a tutti voi, amici di WordPress, per quel calore che mi è servito ad avvertire la parte sana dell’umanità, quella che apre le braccia e offre conforto anche a chi conosce appena, con una generosità non indifferente.
Per ultimo, e non in ordine di importanza, il nostro “Grazie (perché sono certa che Mia l’ha ripetuto senza sosta) va allo Staff di medici che hanno avuto cura di lei, con la delicatezza e dedizione che si presta ad un neonato, fragile e impossibilitato ad esprimersi.
Hanno lottato con lei, per rincorrere una grazia e permesso a me di trattenermi fino alle 22.00, consci che il tempo per noi si stava assottigliando.
A Mia, in quell’ultima sera, non me ne vergogno assolutamente, ho parlato come si fa a chi porti nel cuore ed ami più della tua stessa vita, ringraziandola per essere arrivata sul mio cammino per caso, per essere stata in grado di donarmi la più pura delle felicità.
Mia, ora, è un angelo con la coda!
– Carla –
PS: Chiedo scusa per tutti gli strafalcioni che troverete, ho scritto di getto e non mi sento di rileggermi.