Da bambina alla parola “Paura” accostavo il buio, popolato da creature sinistre, gli insetti repellenti o che, in qualche modo, potevano procurarmi dolore, le creature che (erroneamente) ritenevo aggressive (ebbene Si, avevo il terrore dei cani e dei gatti), gli eventi atmosferici ingestibili, la rabbia del mare in tempesta, capace di trasformare qualsiasi cosa in un guscio di noce alla deriva.
Ogni situazione era straordinariamente tangibile e, proprio per questo, la Paura era contenibile, arginabile e gestibile, aveva le briglie e poteva essere domata.
In seguito ha stretto una sorta di tacita alleanza con le sensazioni, le emozioni, smaterializzando, quasi del tutto, le siepi che la tenevano a debita distanza.
Il timore di un brutto voto, d’incappare in un insuccesso, la non accettazione che regala un’immagine distorta, riflessa in uno specchio irreale, una combinazione tossica di vedo non vedo, tocco non tocco, che disorienta, nutrendo e non smorzando ciò che spaventa.
Le redini c’erano ma scovarle, acciuffarle e tenerle salde, diventava un po’ più complicato.
Da adulta, le Paure di allora, hanno cambiato pelle, uccidendo la tangibilità, sgretolando ogni protezione, divenendo impalpabili e, stranamente, più tentacolari e reali.
Non hanno un volto, forme, s’aggirano tra i pensieri e giocano a nascondino, usando l’anima come un deposito, una zona dove non conta l’ordine ma solo lo spazio da sfruttare.
Alla vera Paura è chiaro che sei cresciuto, che non esistono più le braccia dei genitori (in cui anche l’inferno perdeva consistenza), che gli scudi li hai o non li hai e sono tuoi, solo tuoi!
Le sue unghie, infette e taglienti, al pari di bisturi, sanno lacerare, aggrapparsi con una tale ferocia da dover rinunciare ad un pezzo di te per disincagliarle …
Non è più il buio o un cielo trafitto dai lampi, una prova scolastica o un’amicizia che zoppica, è il temere di guardarsi indietro e di osservare un percorso diverso da quello programmato o desiderato, di sentire il peso di un rimpianto, di non avere mezzi e coraggio per rimediare, di dover venire a patti con la solitudine affettiva e l’esigenza di toccare il tramonto con accanto il vero amore.
Alla mia età, mi basta ascoltare, osservare, per comprendere che il tempo che s’accorcia semina il panico e di scandire parole che valgono per me, come per chi mi ascolta …
– Osare, calciando una paura, non è suicidarsi ma solo ricordarsi di vivere! –
– Carla –