Nuvole

Viaggiano,
come i pensieri trascinati dai ricordi,
come le certezze assottigliate dai giorni,
come le pagine di un libro,
sfogliato e mai letto.
Vezzose,
nell’attendere l’alba
o nel rincorrere le ombre del tramonto,
rammendano emozioni e rivelano segreti.
L’affetto strillato,
un ti amo zittito,
un desiderio compiuto,
gocciole d’animo che,
battendo il ritmo della gioia
o di un dolore trattenuto,
diventano inchiostro.
Scivolano,
seminando soffici quesiti senza risposta
o sciogliendo un enigma,
fino a dissolversi,
in un tumulto di pace.

                                – Carla –

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Io e Te dobbiamo parlare!

“Io e Te dobbiamo parlare!”
la frase, pronunciata da una donna, che fa tremare ogni uomo, una brevissima catena di parole che accendono un solo pensiero …
“E adesso cosa ho fatto?”.
La 1°, il “tizio” l’avrebbe taaaaaantooooo voluta sentire e la 2° non ha, sicuramente, fatto in tempo a formularla.

Se sei un traditore seriale, dammi retta, fatti una Prinz!!!
– Carla –

La bocca della verità …

… si dice appartenga ai bambini, soggetti incorrotti e poco inclini a farsi “comprare” o “imbavagliare”, i dispensatori, a tradimento, di esternazioni da coccola o da “dammi una pala che mi scavo una fossa!”.
Grazie ad una di quelle portentose uscite, mi sono guadagnata il “titolo” di – LEI LO SA! – che dovrebbe racchiudere tutta wikipedia ma, in verità, è un pozzo dal quale, non di rado, vengon su delle figure di popò di una certa stazza.
È doveroso fare alcune premesse, ovvero che tutto nasce da una boccuccia di 5 anni e che l’ammirazione del suo proprietario me la sono conquistata con l’ascolto, con un tono di voce basso e tranquillo e con il saper fornire risposte in grado di dare del filo da torcere alla curiosità.
Il mio giovane ammiratore non perdeva occasione di ribadire, a tutti, un suo grande pensiero – Lei parla bene! – e di regalarmi confidenze – di cuore – (così le chiamava) che ci avrebbero legati per sempre in un rapporto esclusivo e inattaccabile.
Bellissimo, vero?
Lo era e lo è, visto che nel crescere non mi ha messa all’angolo, anche quando il risultato di una tenerissima venerazione intreccia situazioni come quella che mi accingo a raccontare.
Pomeriggio di fine marzo, primavera esplosa in tutta la sua energia, il mare e un gruppo di amici che, nonostante i vestiti addosso, si godono un’anticipazione d’estate, seduti o sdraiati su plaid ritrovati in auto.
Non ci sono bambini e lui, preso dalla noia, mi sta accanto, mostrandomi piccoli tesori che sottrae alla battigia.
È intento a esibire il bottino e nel contempo (lo vedo) tiene ritte le orecchie per ascoltare ciò che i maschietti si lasciano sfuggire di bocca, tra una risata e l’altra, cercando di carpire qualcosa che lo possa far intervenire.
Si sa, qualche volta gli adulti non si regolano, e lui, intelligente come pochi, afferra al volo le battute infelici su chi potrebbe o avrebbe il figliolo, che alberga nelle mutande, più in “salute”.
Ridono, come i più cretini dei ragazzini delle medie, e suo padre viene decretato il meno competitivo di tutti!
Risentito, per niente disposto a tollerare tale offesa, senza scomporsi più di tanto, li guarda e risponde “Mio padre l’ha bello!” , diventando paonazzo nel notare che le risate aumentano invece di finire.
“Mio padre l’ha bello!”, insiste, giocando la carta (a suo pensare) vincente – Lei lo sa! –   … puntando il ditino nella mia direzione.
– Amore, quello non lo so! –  mi affetto a correggerlo, mentre, ancora più convinto lo ripete, a gran voce, attirando l’attenzione di tutte le persone che si godono lo splendido clima.
La bocca della verità, in quel frangente, aveva un alito pesante!
Non è piacevole essere guardata come un’infame smascherata, una con la faccia di granito, capace di accompagnarsi, come la più candida delle anime, all’amica che rende cornuta …
– Carla –

I tanti volti della Paura

Da bambina alla parola “Paura” accostavo il buio, popolato da creature sinistre, gli insetti repellenti o che, in qualche modo, potevano procurarmi dolore, le creature che (erroneamente) ritenevo aggressive (ebbene Si, avevo il terrore dei cani e dei gatti), gli eventi atmosferici ingestibili, la rabbia del mare in tempesta, capace di trasformare qualsiasi cosa in un guscio di noce alla deriva.
Ogni situazione era straordinariamente tangibile e, proprio per questo, la Paura era contenibile, arginabile e gestibile, aveva le briglie e poteva essere domata.
In seguito ha stretto una sorta di tacita alleanza con le sensazioni, le emozioni, smaterializzando, quasi del tutto, le siepi che la tenevano a debita distanza.
Il timore di un brutto voto, d’incappare in un insuccesso, la non accettazione che regala un’immagine distorta, riflessa in uno specchio irreale, una combinazione tossica di vedo non vedo, tocco non tocco, che disorienta, nutrendo e non smorzando ciò che spaventa.
Le redini c’erano ma scovarle, acciuffarle e tenerle salde, diventava un po’ più complicato.
Da adulta, le Paure di allora, hanno cambiato pelle, uccidendo la tangibilità, sgretolando ogni protezione, divenendo impalpabili e, stranamente, più tentacolari e reali.
Non hanno un volto, forme, s’aggirano tra i pensieri e giocano a nascondino, usando l’anima come un deposito, una zona dove non conta l’ordine ma solo lo spazio da sfruttare.
Alla vera Paura è chiaro che sei cresciuto, che non esistono più le braccia dei genitori (in cui anche l’inferno perdeva consistenza), che gli scudi li hai o non li hai e sono tuoi, solo tuoi!
Le sue unghie, infette e taglienti, al pari di bisturi, sanno lacerare, aggrapparsi con una tale ferocia da dover rinunciare ad un pezzo di te per disincagliarle …
Non è più il buio o un cielo trafitto dai lampi, una prova scolastica o un’amicizia che zoppica, è il temere di guardarsi indietro e di osservare un percorso diverso da quello programmato o desiderato, di sentire il peso di un rimpianto, di non avere mezzi e coraggio per rimediare, di dover venire a patti con la solitudine affettiva e l’esigenza di toccare il tramonto con accanto il vero amore.
Alla mia età, mi basta ascoltare, osservare, per comprendere che il tempo che s’accorcia semina il panico e di scandire parole che valgono per me, come per chi mi ascolta …
– Osare, calciando una paura, non è suicidarsi ma solo ricordarsi di vivere! –
– Carla –