Quando qualcuno mi chiede – Perché Credi? – rispondo che ho ricevuto il Dono della Fede e la smorzo lì perché, molto spesso, in quella domanda risuona una sorta di derisione, come se credere fosse segno di debolezza o demenza. In realtà, una parte di me, quando legge, negli occhi di chi lo domanda, una sana invidia, vorrebbe essere esaustiva, condividere pensieri e convinzioni che non nascono dal nulla. Quanto mi appresto a scrivere è tutto vero, per niente romanzato, ed è ciò che ho tastato con mano e che non riporto per sentito dire. “Credo” perché ho visto e udito il lato oscuro del vivere, non da “posseduta”, intendiamoci, ma come diretta spettatrice, in due occasioni. Al fine di evitare d’infrangere la privacy delle persone coinvolte, chiamerò Samuele il prete, Ludovica la bambina e Martino il ragazzo. Attraversavo uno dei momenti più cupi della mia vita e l’affidarmi alle cure del Signore, sentendo il crescere dell’amore nei suoi confronti, rappresentava una reale consolazione. Nel silenzio della chiesa ritrovavo la pace e nella preghiera un anestetico senza pari. Giungevo in anticipo, riuscendo ad isolarmi per una manciata di minuti, prima della condivisione del rosario e la celebrazione della messa. Questa abitudine mi dava modo di incontrare sempre le solite persone (con alcune non scambiavo più di un accenno di sorriso, un gesto di educazione) tra cui Martino. Lo sguardo basso, le mani giunte e non una parola, un atteggiamento che non cambiava mai di una virgola, fino al giorno in cui lo udii parlare, con voce roca, e in una lingua che non riuscivo a decifrare. S’avvicinò e, questa volta in italiano, mi chiese di poter conferire, al posto mio, con Don Samuele. Rumori sinistri, lamenti rabbiosi, un tono di voce furibondo e poi Martino che andava via rasserenato e il Don che s’accomodava la tonaca e rimetteva in ordine una stanza messa pesantemente a soqquadro. Martino, negli attimi in cui il maligno lo tormentava, riusciva ad esprimersi con quel che non conosceva (il latino), sfidando Cristo attraverso il suo servo. In un’altra occasione, a fine celebrazione, quando eravamo rimasti davvero in pochi, circa una decina, dalla sacrestia ci chiamò una signora che partecipava, costantemente, al rosario, invitandoci a raggiungerla per una preghiera collettiva. Mai avrei creduto di assistere ad un esorcismo, di star chiusa, per un tempo indefinito, in una saletta dove Ludovica (di non più di 4/5 anni), alle prime righe di una lettura per la liberazione (in latino) avrebbe compiuto gesti impensabili. Si irrigidì, tirò la testa indietro, oltre il bordo della seduta, iniziando ad emettere gli stessi versi minacciosi, riconducibili a Martino, inveì contro il Don, s’alzo e nulla poté ricondurla a sedere. Un esserino minuto riusciva a sollevare una pesante scrivania di legno, col piano in marmo, a brandire una croce col piedistallo (che io stessa spostavo a fatica) come fosse di polistirolo, a prendere Don Samuele per un braccio e spostarlo come un fantoccio pieno d’aria. Restai scossa, non solo per quello strano duello verbale tra i due, ma anche per quella forza erculea e perché, tra tutti i presenti, nell’andarsene, serenissima, pareva aver preso di mira proprio me. Mi sferrò, con violenza e a tradimento, un calcio nello stinco, sollevando poi il viso, in cerca del mio sguardo, con impresso un sorriso inquietante. – Non ho paura di te! – le dissi, sentendo le parole di Don Samuele che stava alle mie spalle – Provoca chi ha una fede salda, ma stai tranquilla, in una casa piena non entra un nuovo inquilino … – La incontrai, ancora, sotto l’anta aperta del portone principale e, dopo avermi tirata per un lembo della maglia, mi fissò, un’altra volta, voltando gli occhi all’indietro, mostrando due biglie di un colore tremendo, tra il grigio chiaro e il celestino pallido. “Credo” perché la vita offre tutto e il contrario di tutto, il bianco & nero, il giorno & la notte, la gioia & il dolore, l’odio & l’amore … e “quello”, ciò a cui non so dare un nome adeguato, ben definito, ma che è l’opposto del Bene, con cui Dio tiene in salute il mio cuore, il Male.
– Carla –