Mai avrei creduto d’arrivare a dire, e non d’istinto, che il mio Paese m’imbarazza! L’Italia, terra di sole, natura incantata, artisti eccellenti, secoli di storia, inimitabile architettura, produzioni letterarie senza tempo, belle donne, grandi amatori … questo l’abito che, con orgoglio, amavamo mostrare, il volto sorridente che suscitava un’attrazione intensa, ragione di un sentimento di privilegio. Il vanto, per quanto mi riguarda, è qualcosa che s’allontana, inabissandosi, sempre più, nella melma della vergogna. Ho motivo di sentirmi fiera d’essere cittadina italiana quando vedo un’anziana, accartocciata su se stessa, che raccoglie dal selciato gli scarti ortofrutticoli di un mercato appena sbaraccato? Non sono io l’artefice della umiliazione a cui si espone, non in modo diretto, eppure mi sento la persona più orribile del pianeta, sapendo di poterla aiutare solo in quella occasione, dividendo il contenuto del mio sacchetto della spesa, di non avere i mezzi o il potere per regalarle una dolce vecchiaia, giusta, dopo una vita di sacrifici e lavoro, quello scialle di dignità che nessuno ha il diritto di scipparle. Mi sento un avanzo umano, ci si sentono le persone come me, ma “noi” si sta in basso … In vetta non piove mai e chi, giustamente o ingiustamente, vi ha portato la residenza, vede ed ignora, quasi il non guardare in fondo al burrone, il non proferire mai la parola “povertà”, la incenerisse. Posso vantarmi d’essere italiana mentre scorrono le immagini di visi tumefatti, le parole che incorniciano un animo piagato, gli episodi di denunce cadute nel vuoto e conto le vittime di una violenza inaudita che travolge una donna, un minore, una persona diversamente abile, un anziano non più in grado di autogestirsi? La patata bollente viaggia di mano in mano e, così, l’omicidio, lo stupro, prevaricazioni d’ogni sorta, non saranno attribuibili ad alcuno e la parte lesa, o chi la piange, verrà messa nella condizione di pagare le colpe di un mancato silenzio. Il carnefice non è il perseguitato, perché finisce con il diventar tale? Dovrei, forse, fregiami del titolo di “cittadina italiana” mentre prego di avere una salute tale da tenermi lontana da una sanità che gioca a tombola?Mano nel bussolotto, benda sugli occhi e via … 50 confezioni di garze vanno a Catania, 90 scatoline di siringhe a Napoli, 1 ecografo a Cagliari, 10 materassi a Torino, 60 pacchi di pannoloni a Firenze … e il resto? Un ricovero, sempre più spesso, rischia di tramutarsi in pace eterna o in un’estrazione a premi. Sei stato fortunato, hai vinto e porti a casa una pinza … non stare a guadare il capello se la carta regalo è la tua pancia! Ho motivo di sentirmi favorita dalla sorte, per questa “appartenenza”, davanti ad un “ingresso umano” indiscriminato, sapendo di dover fare i conti con una mortificazione personale, profonda e costante, dove la realtà è quella di un campo vandalizzato dalla “nostra” disperazione e che non offre più nemmeno una patata? Il mondo è di tutti, sono la prima a gridarlo, ma in quale famiglia, un genitore che ha a disposizione mezza pagnotta e tante bocche da sfamare, fa il gradasso aprendo la porta a chiunque? Una briciola a testa ha valore emotivo ma non fa altro che diffondere la fame. In quale Paese civile, che esige il non venir meno ad una cordata, sempre più nutrita, di doveri, per una solidarietà forzata, lasciata in balia degli eventi, ci si deve esporre alla follia di un Kabobo o agonizzare e spirare ai piedi di un albero, com’è accaduto alla giovane di Castagneto Carducci? Chi doveva vigilare, garantendo il diritto all’incolumità, il contrappeso di un dovere che donerebbe equilibrio, dov’era? Pagherà mai una negligenza inzuppata di morte? Il disgusto è il sentimento che m’invade … Mi vergogno, mi vergogno di un Paese dove per restare a galla si è obbligati a sgomitare, pigiando sott’acqua un altro disperato che chiede solo di non soccombere, nel quale la meritocrazia, sempre più frequentemente, ha un sinonimo squallido che danneggia tutti, la raccomandazione! Chiamarla segnalazione, è bene sottolinearlo, non conferisce al raccomandato le qualità richieste, non sempre possedute! Potrei proseguire ad elencare tutto ciò che non va, non lo faccio, per non soffocare quell’ultimo gemito di speranza che, troppe volte, non ha più un battito cardiaco e non si estingue perché rianimato dal coraggio e integrità morale degli umili ed onesti, i soli che avrebbero il diritto di dire “Sono un GRANDE italiano”.
Carla